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La rosa rossa

 

In occasione della recente ricorrenza dell’anniversario della morte del novelliere “girgentino” Luigi Pirandello (10 Dicembre 1936), proponiamo una novella che è stata premiata con una menzione di merito nel 2006 al Concorso Letterario nazionale “Modello Pirandello”.

 

Come era sua buona abitudine da circa trent’anni, anche quella mattina il maresciallo Mangiapane si era svegliato alle prime luci dell’alba ed era uscito fuori nel suo orticello ad innaffiare quelle quattro piante ormai spoglie, che ancora sopravvivevano. Non aveva molta importanza se fosse agosto o gennaio, se avesse diluviato intensamente un minuto prima o meno, dal momento che il maresciallo non mancava mai al suo appuntamento giornaliero.

Luigi Mangiapane era un uomo alto, slanciato, un po’ rigido, che dava l’impressione di indossare sempre la divisa, anche quando era in borghese. Aveva, infatti, il brutto vizio di trasportare la sua austerità e severità militare non solo in famiglia, ma anche in tutto ciò che faceva. Nello svolgere scrupolosamente la sua attività mattiniera si era accorto, con sua grande meraviglia, dell’assenza di un bellissimo gambo di rosa rossa. Non per niente, il maresciallo Mangiapane conosceva a memoria il numero delle piante e dei fiori che componevano il suo “giardino”, ed ogni mattina usava ricontarli uno ad uno, per avere la certezza che nessuno dei suoi concittadini avesse osato impossessarsi di una sua “proprietà”. Mangiapane era molto orgoglioso di quella piccola macchia verde che circondava il suo casolare, alla quale dedicava una cura minuziosa e della quale era fortemente geloso. Nessun altro familiare aveva la possibilità di innaffiare quelle piante, né di avvicinarsi, a tal punto che aveva lui stesso costruito una staccionata che recintava tutto l’orto. Quella mattina una simile scoperta, lo aveva lasciato completamente stordito, sicché, non credendo ai suoi occhi, aveva ricominciato il conteggio dei fiori e delle piante, nella speranza di avere fatto qualche errore. Nuovamente, però, aveva avuto la conferma dell’assenza ingiustificata di un gambo di rosa rossa.

Nel frattempo il casolare prese vita. Svegliatasi, la signora Rosalia Mangiapane, tipica donna di casa, aveva cominciato a sfaccendare davanti ai fornelli. La cucina, come lei stessa l’amava definire, era il suo regno, nel quale trascorreva tutta la giornata, dilettandosi a sperimentare le ricette suggeritele il giorno prima dalle vicine. A poco a poco tutta la famiglia Mangiapane cominciava a destarsi: Cosimo, il primogenito, e Mena. Cosimo era un giovane onesto e ben educato, con una grande passione per la lettura, il cui sogno era quello di intraprendere la carriera militare e seguire così le orme paterne. In realtà, ciò che lui riteneva fosse il suo sogno, altro non era che il desiderio e il volere del padre, nonché quello che tutta la famiglia e la comunità si aspettavano da lui. Mena, invece, era una fanciulla molto perspicace ed intelligente, seria e razionale, oltre che una brava donnetta di casa ormai in età da marito.

‒ Rosalia, vieni qua! ‒

Il silenzio venne interrotto dalla voce urlante del maresciallo. Rosalia, Cosimo e Mena si precipitarono fuori dal casolare preoccupati, per vedere cosa fosse accaduto.

‒ Guardate, guardate che scempio! ‒ Gridò Luigi Mangiapane vedendoli sopraggiungere. I tre, smarriti e confusi, si guardavano l’un l’altro per capire cosa fosse successo e quale fosse lo scempio, dal momento che per loro tutto sembrava più che normale.

‒ Chi ha osato intrufolarsi di nascosto, in mia assenza, nel mio orto? ‒ Continuava ad urlare il maresciallo.

Alle urla del Mangiapane, subito accorse compare Turi Finocchio, uomo rispettabilissimo, il cui vizio era, però, quello di intromettersi sempre nelle vicende altrui.

‒ Cosa è successo, maresciallo? Perché grida a questo modo? – Intervenne compare Turi vistosamente desideroso di sapere qualcosa dal momento che, quella mattina, non era ancora venuto a conoscenza di alcuna notizia, evento o pettegolezzo. Il suo motto era: “I fatti accadono perchè se ne venga a conoscenza, si possa raccontarli, discuterne e farne poi dei pettegolezzi”. E bisogna dargli atto che nessuno meglio di lui, in paese, riusciva a mettere in pratica questa sua massima.

‒ Sì, che cosa è accaduto, padre? Perché gridate a questo modo? Non capisco, spiegatevi meglio, di quale scempio parlate mai? – Disse Cosimo Mangiapane con un tono dubbioso e interrogativo.

‒ Come perché urlo, non si vede? Non si capisce? Eppure, è molto evidente! Qualcuno, e dico qualcuno non solo di voi qui presenti, ha osato impossessarsi, furtivamente, di un gambo delle mie rose rosse – incalzò duramente il maresciallo Mangiapane, sempre più nervoso e rosso nel volto. – Se il responsabile di questo ignobile atto è qui tra voi, si faccia avanti, perché sia punito per come merita. –

‒ E finiscila di dire assurdità Luigi, chi vuoi che ti abbia rubato quel fiore, lì, di rosa rossa? E per farsene cosa poi? – Intervenne la signora Rosalia infastidita dall’assurdo e incomprensibile atteggiamento del marito. Difatti, questa era una di quelle uscite infelici del maresciallo, che la mandavano su di giri. Non sopportava affatto che per ciò che lei considerava un nonnulla, il signor Mangiapane mettesse in piedi una ridicola sceneggiata. – È sì un brav’uomo, onesto e rispettoso, un gran lavoratore – pensava spesso tra sé e sé – ma delle volte si comporta davvero come un bambino capriccioso che vuole avere ragione ad ogni costo. –

‒ Ma che fiore e fiore, è un bellissimo gambo di rosa rossa fresco e profumato. Perciò fammi il favore di non mettere bocca in cose che non sai! Tutte così le donne! – Rispose il maresciallo ulteriormente irritato dall’osservazione della moglie.

‒ Maresciallo, maresciallo ma chi vuole che le abbia potuto rubare un fiore? Forse sarà appassito e lei non se ne sarà nemmeno accorto. Può capitare, sa! – Intervenne compare Turi, con un tono alquanto ironico, cercando di ristabilire un po’ di quiete. Quella mattina, infatti, si era svegliato di buon umore e una simile vicenda non aveva fatto altro che alimentare la sua vena sarcastica.

‒ Come glielo devo dire, compare Turi? Non è un fiore! E poi, come si permette di dire che è appassito? Non può essere. Le ho appena detto che era freschissimo, un bocciolo di rosa appena sbocciato. Me ne ricorderò, santi numi, visto che sono le mie piante! – Continuò il maresciallo sostenendo con vigore la sua tesi.

‒ Padre, forse potrebbe essere che abbiate commesso qualche errore nel contare. Sapete, di mattina presto magari ancora è buio, si è un po’ assonnati, la vista può essere alquanto annebbiata, offuscata. – Intervenne Cosimo cercando di prendere il maresciallo con le buone maniere. Conoscendo perfettamente il carattere del padre, sapeva che non avrebbe ottenuto nulla aggredendolo, bisognava calmarlo e tentare, per quanto possibile, di farlo ragionare. Agli occhi del figlio, il Mangiapane, appariva un militare severo, testardo, irrazionale, un uomo, come lui amava definirsi, “d’onore”. E sicuramente riteneva che il padre fosse così, anche se, probabilmente, il maresciallo si vedeva in modo diametralmente opposto.

‒ Ma quale errore, quale vista annebbiata. Come lo devo dire a voi tutti? – Disse il Mangiapane aumentando ancora di più il tono della voce – Qui c’è stato un ladro! Ma non si preoccupi, perché prima o poi lo troverò e per lui saranno guai veramente seri.‒

Neanche le parole pacate e tranquille del figlio riuscirono a calmarlo. Il maresciallo non riusciva ad accettare l’idea che qualcuno avesse osato sfidarlo con un simile affronto. Lui, uomo del Sud e per di più militare al servizio dello Stato, non poteva assolutamente sopportare un oltraggio del genere. Ciò che gli altri consideravano uno scherzo, un gioco, una semplice marachella, ai suoi occhi si configurava come un torto, una violenza che aveva dovuto subire senza potersi difendere. Insomma, un atto di violazione di proprietà privata che doveva essere severamente punito dalla legge.

‒ Padre, non vi innervosite a questo modo, a cosa vale scervellarsi? Tanto, né voi né compare Finocchio riuscirete mai ad influenzare l’uno la tesi dell’altro! – Parlò Mena con un tono serio e solenne che fece ammutolire tutti i presenti.

Sentendo le chiacchiere concitate di quei cinque, che ancora cercavano di capire cosa fosse successo, come e perché, sopraggiunsero due sottoposti del maresciallo, che dimoravano nei pressi del casolare dei Mangiapane: Nanni Mendola e Calogero Macrì. Erano questi due bravi giovani sulla trentina circa, non accora ammogliati, che trascorrevano il loro tempo libero passeggiando su e giù per il paese come due guardie di vedetta, sempre pronti a fiutare il pericolo dappertutto.

‒ Buongiorno, maresciallo. – Salutò subito Calogero Macrì assumendo la classica posizione rigida dei militari e portando la mano destra alla fronte.

‒ Buongiorno, maresciallo. – Seguì, immediatamente, anche il Mendola con un fare leggermente più rilassato e informale.

‒ Buongiorno? Ma quale buongiorno! Questo è tutto tranne che un buon giorno! – Incalzò il maresciallo con stizza e rabbia.

‒ È successo qualcosa, signor maresciallo? Possiamo esserle d’aiuto in qualche modo, per caso? – Chiese il Macrì, seriamente interessato alla vicenda.

‒ Certo che è accaduto qualcosa. Ve lo dico io cos’è capitato! Qualcuno dei nostri concittadini, dei paesani che abitano gomito a gomito con noi, mi ha rubato un bellissimo gambo di rosa rossa! Avete capito? Sì, a me, il maresciallo Mangiapane! –

‒ A sì? – Disse il Mendola trattenendo a stento le risate. – E come possiamo aiutarla? Lo sa, maresciallo, per lei siamo sempre a disposizione. –

‒ Aiutarmi? Assolutamente no! Questa è una vicenda che devo risolvere io, da solo. L’autore di questo furto dovrà vedersela direttamente con me, che ne sia ben consapevole! –

‒ Maresciallo, perché parla così? Non crederà forse che sia io il responsabile di questo misfatto! – Chiese subito il Mendola con un tono indignato e sarcastico. –

‒ Fin quando non stanerò il responsabile, siete tutti ipotetici colpevoli. Sappiatelo. – Replicò il maresciallo con un tono di sfida e un fare minaccioso.

‒ Signore, ma cosa pensa che me ne farei, io, di un fiore? – Riprese il Mendola, irritato da una simile osservazione. Il sottoufficiale, infatti, non era tipo da lasciarsi intimidire da alcun suo superiore, tanto meno dal Mangiapane, che ormai aveva la fama di essere un toro senza le corna. In poche parole, era tutto fumo e niente arrosto. ‒Ve lo ripeto per l’ennesima volta: non è un fiore, ma un gambo di rosa rossa fresco e profumato. – Tutte le volte che pronunciava questi due aggettivi, il viso corrucciato gli si distendeva, fino ad abbozzare un mezzo sorriso distorto. – E poi, mi chiedi cosa ci potresti fare? Te lo dico subito! Tu sei un giovane ancora scapolo e potresti avere, come è giusto che sia, un interesse verso una qualche ragazza in età da marito. E quale modo migliore per conquistarla se non regalandole un’incantevole rosa rossa? –

‒ Certo, signor maresciallo, io non posso smentirla in alcun modo, ma è anche vero che per come la pone lei, come me anche tutti gli altri giovani del paese avrebbero potuto macchiarsi di questo ignobile atto! – Replicò il Mendola, il quale, socchiudendo leggermente gli occhi come per cercare di ricordare, riprese a parlare – Ora che mi ci fa pensare, proprio ieri sera, passeggiando lungo la via che costeggia il mercato, vidi in prossimità del suo casolare una figura che sembrava alta, slanciata, che, però, pareva di spalle. Nel buio della notte non riuscii a distinguere chi fosse, tuttavia, ricordo di aver pensato che si trattasse proprio di lei, signore, e per questo mi allontanai tranquillo. –

‒ Di me? Non può essere. Io mi sono alzato solo all’alba ed il tutto era già accaduto!–

‒ Ma come è possibile? Ma state tutti delirando? Chi avrebbe potuto rubare uno stupido fiore? E soprattutto a quale scopo? Non ha senso quello che dite. Vi dico che sarà appassito o se lo sarà portato via una folata di vento abbastanza forte. Date retta a me, il vero responsabile di tutto ciò è solo il freddo gelido di questi giorni che ha mandato in malora tutti i raccolti, piante e fiori compresi. – Prese la parola compare Finocchio che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad ascoltare l’evolversi degli eventi. Come detto poc’anzi, compare Turi Finocchio era un uomo alquanto curioso, che aveva la pretesa di conoscere perfettamente ogni cosa e di poter, quindi, intervenire su qualsiasi argomento per esprimere il suo giudizio.

‒ Ma quale appassito e quale vento. È stato rubato! In che lingua vuole che glielo dica? – Disse il maresciallo sempre più nervoso e irritato dall’ignoranza e dalla stupidità dei suoi interlocutori. Per lui, infatti, era tutto così chiaro che, per un momento, aveva addirittura sospettato di essere vittima di uno stupido e sgradevole scherzo.

‒ Padre, forse ha ragione Compare Finocchio, saranno andate così le cose. Chi mai avrebbe potuto rubare un fiore? Sarebbe veramente ridicolo, se così fosse! – Riprese a parlare Cosimo Mangiapane, dopo essere rimasto in disparte durante tutto il discorso. ‒

‒ Non riuscite proprio a capirmi! Qualcuno mi sta facendo un affronto. È evidente! – Replicò il maresciallo ormai rassegnato a rimanere incompreso da tutti. Era come se parlasse una lingua diversa da quella dei suoi interlocutori, così che lui si rendeva conto di non essere compreso e di non capire gli altri, mentre gli altri non riuscivano ad afferrare il senso del suo discorso.

Tutte le persone lì presenti presero a guardarsi l’un l’altro con espressioni alquanto dubbiose. Quello che il maresciallo chiamava affronto, sfida o minaccia a loro sembrava soltanto una stupidaggine di poco conto, della quale non si sarebbero neppure accorti se non fosse successo un simile trambusto. Intanto la discussione proseguiva con toni sempre più concitati, mentre la folla degli spettatori era notevolmente aumentata. Il maresciallo sembrava ormai veramente fuori di testa, non riusciva a darsi pace, andando su e giù per l’orticello, con le mani incrociate dietro la schiena, il passo lungo e lo sguardo rivolto verso il basso. Era come se cercasse di trovare delle prove, delle impronte di mani o di piedi, insomma un indizio che potesse svelargli la verità. Ogni tanto si fermava, si chinava quasi a novanta gradi, portava il capo raso terra e sollevando dal terreno un qualcosa di indecifrabile, lo osservava attentamente, aguzzando gli occhi per cercare di trovare l’introvabile. Era a tal punto convito dell’esistenza di questo fantomatico ladro, che il più delle volte interpretava ciò che rinveniva proprio alla luce di questa sua teoria. Pertanto, una semplice buca diventava un’impronta di scarpa, una pietra un oggetto contundente, un filo di paglia dorato l’indizio di una presenza estranea e così via, anche fino all’infinito (dal momento che se c’era una cosa di cui il maresciallo non era affatto sprovvisto, questa era proprio l’immaginazione).  Poi, non appena si rendeva conto di aver raccolto soltanto un pugno di terra, deluso, tirava un lungo sospiro di rassegnazione e ricominciava la sua estenuante ricerca. In realtà, neanche lui era cosciente di ciò che stava cercando. Probabilmente, la sua verità. D’altra parte quella sera era stato visto qualcuno (o qualcosa?) in prossimità del casolare. Ma chi? Era questa la domanda che continuava a martellarlo e per la quale non riusciva ancora a trovare una risposta. Di una cosa, però, il Mangiapane era assolutamente convinto: la sua rosa non era scomparsa nel nulla, inglobata misteriosamente dall’immenso universo che li circondava. Quello era stato certamente un furto e lui, maresciallo in carriera e se vogliamo uomo di legge, avrebbe risolto il caso, ristabilendo nuovamente l’ordine e la legalità.

Improvvisamente, prese la parola Mena, la quale, dopo essere rimasta in silenzio per tutto il tempo, cercò, per quanto possibile, di razionalizzare la situazione:

‒ Scusate, signori. ‒ Disse cercando di guadagnarsi l’attenzione dell’uditorio. – Prima, il sottufficiale Mendola ha detto che quella sera vide qualcuno aggirarsi nei pressi del nostro casolare. Giusto? Ma possiamo proprio essere sicuri che si trattasse di una persona o forse è stato soltanto un gioco di luci ed ombre provocato dal mal funzionamento di questi antichi lampioni e accentuato dal buio intenso della notte?

‒ Non posso confermare che si trattasse di una persona, dal momento che mi trovavo ad una certa distanza dal casolare del maresciallo, era notte e per di più ero fortemente assonnato, dal momento che avevo appena finito il turno in caserma. – Si affrettò subito a chiarire il Mendola.

‒ Dunque, Mena, che cosa intendi sostenere con questo? – Rispose il maresciallo, sentendosi chiamato in causa dal discorso della figlia.

‒ Niente, padre. Volevo solo far notare a voi tutti che è possibile che ci sia stato un ladro o che la rosa sia appassita, ma anche il contrario. Può darsi che abbiate ragione tutti e due e che, quindi, nel nostro giardino ci sia stato un ladro, il quale tuttavia non abbia potuto rubare quella rosa perché preceduto dall’azione impetuosa del vento. – Le sue parole erano scandite da un sottile ed impercettibile velo di ironia e di sarcasmo, che nessuno dei presenti era riuscito a scorgere. Neanche uno tra coloro che avevano partecipato alla discussione era riuscito ad andare al di là della propria logica, a superare quella patina leggera che rivestiva di apparenza ogni gesto, ogni comportamento, ogni parola, ogni convinzione. Solo lei c’era riuscita e adesso era suo compito squarciare quel “Velo di Maya”, rendendo così comprensibile la realtà. – Di ipotesi se ne possono fare all’infinito – continuò ‒ però i fatti sono questi: non vediamo la rosa, ma neppure il ladro! –

‒ E quindi? – Domandarono all’unanimità tutti coloro che fino ad allora avevano preso parte al discorso.

‒ Avete osservato il sottufficiale Macrì? È lui la risposta alle vostre domande e la soluzione di questo mistero! ‒

Durante tutta la discussione, infatti, l’altro sottufficiale, Calogero Macrì per l’appunto, era rimasto in silenzio, nella sua posizione rigida da militare, ad annuire con il capo a chiunque tra i presenti prendesse la parola, come a confermare la veridicità di quanto detto fino ad allora. Il Macrì, a differenza del Mendola era uno scrupoloso osservatore delle regole, un militare ligio al dovere che però, essendo completamente privo di personalità, aveva la tendenza a dare ragione a tutti. Nessuno si era accorto di questo aspetto, anzi, tutti coloro che fino a quel momento avevano preso la parola, sentendosi assecondati, si convincevano ancor di più della validità delle loro tesi.

‒ Mena, parla chiaro, cosa cerchi di dire? – Incalzò il maresciallo sempre più incuriosito dalle parole della figlia. –

‒ Intendo dirvi, o cari signori, che la verità è una sola: che non c’è una verità, ma la verità è quella che ognuno di noi crede tale. –

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