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Dantedì 2021

Fig.1: il logo scelto per l’edizione 2021 del Dantedì.

Giovedì 25 Marzo 2021 si celebra il Dantedì. Tale ricorrenza ha una storia piuttosto recente, dal momento che è stata istituita con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 gennaio 2020 (in GU Serie Generale n.39 del 17/02/2020). Come afferma il testo della Direttiva, «è indetta la “Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri”, denominata “Dantedì”, per il giorno 25 marzo di ogni anno». Il documento governativo incoraggia le amministrazioni pubbliche e gli organismi interessati affinché in questa data vengano promosse «idonee iniziative di comunicazione e divulgazione, dirette a facilitare e rafforzare la conoscenza della figura e dell’opera di Dante Alighieri, con particolare attenzione alle giovani generazioni e alle scuole»[1].

Una storia recente: l’istituzione ufficiale del Dantedì è stato l’ultimo atto di un’intensa attività di mobilitazione volta a dedicare una giornata alla memoria del Sommo Poeta. Il tutto è partito da un editoriale dello scrittore e giornalista Paolo di Stefano, pubblicato sul “Corriere della Sera” il 24 aprile 2019. Come ha ricordato lo stesso autore, «mi è parso paradossale che uno dei maggiori scrittori della tradizione occidentale, riconosciuto come un modello e un maestro irrinunciabile ovunque, padre della lingua italiana, ispiratore di scrittori di ogni lingua, non avesse una giornata in suo onore […]. Si tratterebbe di festeggiare l’autore della Commedia a ogni livello: nelle scuole, nei teatri, nelle biblioteche, nelle piazze, nelle librerie… Come ha detto Baranski, Dante ha fatto tutto da solo, è stato un ottimo autopromotore attraverso la sua opera, attento al lettore di ogni grado e livello culturale: per questo è diventato un brand. È presente più di chiunque altro non solo nelle bibliografie specialistiche, ma nella fantascienza, nei fumetti, nei romanzi noir, nel cinema, nei videogame, nelle insegne dei locali pubblici»[2]. L’idea ha trovato consenso unanime presso i maggiori dantisti contemporanei (tra cui Alberto Casadei, Carlo Ossola, Enrico Malato, Giorgio Inglese), a tal punto da suscitare l’attenzione del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, che in una nota dell’8 novembre 2019 ha rimarcato la validità dell’iniziativa.

Il termine “Dantedì”: si tratta di una parola coniata dal prof. Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca. L’illustre linguista ha più volte ribadito la propria preferenza per «un nome solo, originale, comprensibile a tutti e in grado di scalzare il dante-day che desideravo evitare: come martedì è il giorno di Marte, il 25 marzo sarà il giorno di Dante, che veneriamo come una “divinità” linguistica e culturale»[3].

Perché il 25 Marzo?: Perché questo giorno è riconosciuto dagli studiosi come possibile data di inizio del viaggio dantesco nei tre regni ultraterreni. La teoria si basa su alcuni riferimenti interni alla Commedia, tra cui Inf. I 37-40, che allude al periodo dell’equinozio di primavera, ovviamente dell’anno 1300 (cf. Inf. I 1; XXI 112-114). Poiché l’incarnazione di Cristo era fissata convenzionalmente il 25 marzo (giorno vicino all’equinozio di primavera), allora è probabile che il viaggio di Dante fosse iniziato proprio in quella data. Tra l’altro, occorre notare che, nella città del poeta fiorentino, la conta dei giorni dell’anno non iniziava dal primo gennaio, bensì dal 25 dicembre (datazione “ab nativitade”) oppure dal 25 marzo (datazione “ab incarnatione”). Dunque, la data del 25 marzo 1300 è altamente significativa perché indica il primo giorno di un secolo iniziato, tra l’altro, con un anno giubilare.

Il Dantedì al tempo della pandemia: nel 2021, al ricco programma di eventi collegato al Dantedì si aggiungono le celebrazioni dedicate al settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta.

Fig.2: vignetta di Emilio Giannelli, “Corriere della Sera” del 23 marzo 2021.

Nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia, molteplici sono le iniziative a tema dantesco: lecturae, conferenze, mostre accessibili al grande pubblico (specialista e non) grazie all’utilizzo del mezzo telematico. Tutto ciò testimonia il forte interesse suscitato dalla figura di Dante: in un’epoca in cui la moda anglofona domina nel linguaggio mediatico e burocratico, si sente sempre più impellente l’esigenza di risalire alle radici profonde del nostro italiano, una lingua che, senza Dante, sarebbe oggi molto diversa da quella effettivamente parlata[4]. Ma non si tratta solo di un fatto linguistico: i personaggi danteschi, dipinti con tinte così vivide e così nitide, possono fornire al lettore veri e propri exempla di comportamenti virtuosi o immorali, oppure riflessi di situazioni umane universali. Interessanti sono anche le novità che emergono dagli studi e dalla ricerca: solo pochi giorni fa è stato annunciato il rinvenimento, a Pavia, di uno dei più antichi codici della Commedia, risalente alla prima metà del Trecento e contenente i canti II, III, X e XI del Paradiso. Ma l’orizzonte degli studi danteschi è, ormai, il mondo intero: dell’ottobre 2020 è la notizia della scoperta, nella biblioteca della Cornell University, di frammenti di un commento alla Commedia a cura di Guglielmo Maramauro (XIV sec.).

[1] Il testo della Direttiva è liberamente consultabile sul sito-web <https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/17/20A01008/sg>.

[2] È possibile leggere l’intervista sul seguente sito-web: <http://www.italicon.education/it/news/come-nasce-un-%E2%80%9Cdanted%C3%AC%E2%80%9D-intervista-paolo-di-stefano>.

[3] È possibile leggere l’intervista sul seguente sito-web: <https://www.famigliacristiana.it/articolo/francesco-sabatini-siamo-figli-della-divina-commedia.aspx>.

[4] Come ha ben rilevato De Mauro (1999, 1166), «quando Dante comincia a scrivere la Commedia il vocabolario fondamentale è già costituito al 60%. La Commedia lo fa proprio, lo integra e col suo sigillo lo trasmette nei secoli fino a noi. Alla fine del Trecento il vocabolario fondamentale italiano è configurato e completo al 90%». Tullio De Mauro (1999), Postfazione, in Grande dizionario italiano dell’uso, ideato e diretto da T. De Mauro, Torino, Utet, vol. VI, pp. 1163-1183.

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