E io a loro: «I’ fui nato e cresciuto
sovra ’l bel fiume d’Arno a la gran villa,
e son col corpo ch’i’ ho sempre avuto».
(Inf. XXIII 94-96)
Cosa sappiamo sulla nascita di Dante?
Il luogo – la nascita a Firenze è un solido punto fermo nella biografia di Dante Alighieri. Tale informazione, del resto, viene fornita dallo stesso poeta nelle proprie opere letterarie. Oltre al passo infernale sopra riportato, sarà utile citare Par. XXV 5, in cui la città toscana è ricordata come il «bello ovile ov’io dormi’ agnello». Nello stesso canto (v. 9), Dante parla del «fonte/del mio battesmo»: si tratta del fonte battesimale del battistero di San Giovanni, luogo in cui ricevette il primo sacramento e di cui conservò sempre un affettuoso ricordo, se è vero che altrove lo menziona come il «mio bel San Giovanni» (Inf. XIX 17). Relativamente alle altre opere, occorre segnalare il luogo del De vulgari eloquentia in cui Dante afferma di essere «oriundus et civis» (‘nativo e cittadino’) di Firenze, e di aver bevuto dall’Arno quando ancora non gli erano spuntati i denti.
La data – Scrive Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante: «nacque questo singulare splendore italico nella nostra città … negli anni della salutifera incarnazione del Re dell’universo MCCLXV». Il grande novellista toscano, dunque, afferma con sicurezza che il Sommo Poeta era venuto alla luce nel 1265. Come faceva a conoscere questa notizia? A rigor di termini, non la conosceva, ma la deduceva da una conversazione intrattenuta con tale ser Piero di messer Giardino di Ravenna, «il quale fu uno de’ più intimi amici e servidori che Dante avesse in Ravenna». Costui sosteneva che «Dante, giaccendo egli nella infermità della quale e’ mori», gli rivelò di «avere di tanto trapassato il cinquantesimosesto anno, quanto dal preterito maggio avea infino a quel dì. E assai ne consta Dante essere morto negli anni di Cristo ICCCXXI, dì XIII di settembre; per che, sottraendo ventuno di cinquantasei, restano trentacinque; e cotanti anni aveva nel ICCC, quando mostra d’avere la presente opera incominciata». Il ragionamento di Boccaccio sembra impeccabile: Dante compì 56 anni nel maggio del 1321, per cui nel 1300 (data di inizio del viaggio ultraterreno) aveva 35 anni, età che, secondo le Scritture, corrisponde al «mezzo del cammin» (Inf. I 1) della vita umana. Che Dante sia nato a maggio (per la precisione, dopo la metà del mese) è confermato da Inf. XXII 117: «quand’io senti’ di prima l’aere tosco», il Sole era in Gemelli. Dunque, in maniera del tutto verosimile, il poeta fiorentino venne alla luce dopo il 18 maggio, data in cui, secondo le concezioni dell’epoca, il Sole entrava in Gemelli. Le certezze terminano qui. Tuttavia, un recente contributo di Pastore Stocchi (2017) segnala l’esistenza di un calendario astrologico pubblicato a Lione nel 1573 in cui la nascita di Dante è datata al 27 maggio[1].
L’astrologia ai tempi di Dante
L’astrologia, oggi comunemente associata alla spregevole pratica degli oroscopi televisivi, è in realtà una disciplina assai nobile ed antica. Nata in Mesopotamia, in origine serviva per preannunciare l’inizio delle stagioni o le piene dei fiumi, mediante lo studio degli influssi astrali sul clima o sulle maree. Alla base dell’astrologia, infatti, vi è la convinzione che gli astri possano influenzare gli esseri e le vicende terrene. All’epoca di Dante, tale disciplina era concepita come una vera e propria scienza, al pari di filosofia e religione, dal momento che si riteneva che nelle stelle fosse iscritto il destino di ciascun uomo. Nelle rappresentazioni cosmologiche del tempo, la Terra, pianeta immobile e al centro dell’universo, era attorniata da una serie di cieli concentrici e mobili, aventi il potere di influenzare il carattere degli uomini. A questo punto, però, gli insegnamenti astrologici si scontravano con i dettami della religione: com’era possibile, infatti, conciliare l’idea dell’influsso degli astri sulla vita dell’uomo con il libero arbitrio, nucleo centrale della dottrina cristiana? La questione è affrontata da Dante nel canto XVI del Purgatorio. Non è vero, spiega il Sommo Poeta per bocca di Marco Lombardo, che tutto dipende dagli astri, perché l’uomo può sempre scegliere tra bene e male grazie al proprio intelletto, una forza ben più forte di quella delle influenze astrali. È infatti responsabilità di ogni singolo individuo l’uso positivo o negativo delle inclinazioni ricevute dalle stelle.
[1] M. Pastore Stocchi, Il giorno natale di Dante, in “Studi danteschi”, 82 (2017), pp. 1-16.